L’orso è menzionato in diverse parti della Bibbia e in altri libri come in quello del profeta Osea – capitolo 13 versetto 8: “li assalirò come un’orsa privata dei figli, spezzerò la corazza del loro cuore”. Questa similitudine rende bene l’idea della forza mortale di un’orsa a cui sono stati uccisi i cuccioli.
In un passato non troppo lontano, gli orsi erano soliti stabilirsi in Israele, Giordania, Libano e Siria. Infatti, in passato, gli abitanti del Medio Oriente hanno conosciuto bene gli orsi che, di tanto in tanto, attaccavano i greggi dei pastori a caccia di prede. Alcune prove dimostrano che gli orsi selvatici siano stati visti l’ultima volta in territorio israeliano, e precisamente sul Monte Hermon, nel 1917. L’ultimo orso presente nell’area venne catturato da uno zoologo israeliano e oggi la sua pelliccia si trova in una collezione della Tel Aviv University.
Il fenomeno degli orsi catturati e addestrati per intrattenere gli uomini nei circhi è purtroppo largamente diffuso nel mondo. Recentemente molti Paesi hanno bandito tale pratica per difendere gli animali da questo genere di sofferenza. La Bibbia affronta il problema della sofferenza degli animali e della crudeltà dell’uomo verso di essi: nel Libro dell’Esodo è scritto “Per sei giorni farai i tuoi lavori, ma nel settimo giorno farai riposo, perché possano goder quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero” (capitolo 23, versetto 12). L’indicazione per l’uomo, quindi, è di permettere anche agli animali, grazie ai quali mangia e si guadagna da vivere, di soddisfare il loro bisogno fondamentale al riposo.
Nel Libro del Deuteronomio è scritto “farò crescere nella tua campagna anche l’erba per il tuo bestiame; tu mangerai e sarai saziato” (capitolo 11, versetto 15). In altre parole, chi possiede un animale deve nutrirlo prima di nutrire se stesso poiché la responsabilità del suo benessere ricade sul proprio padrone. Nella storia della creazione del mondo, all’uomo fu comandato di “governare” sugli animali. Ciò non significa, tuttavia, che all’essere umano fosse permesso di abusare dei suoi “sudditi” con crudeltà o di essere indifferente alla loro sofferenza. La Bibbia presenta spesso Dio e i suoi profeti come pastori, e il buon pastore è colui che tratta con rispetto le proprie pecore e riesce ad averne pietà. La Torah, rispetto alla Bibbia, si spinge anche oltre: non solo non dobbiamo causare sofferenza a un animale, ma abbiamo il dovere di aiutarlo nel caso in cui qualcun altro gli stia causando sofferenza: “se vedi l’asino di tuo fratello o il suo bue caduto nella strada, tu non fingerai di non averli scorti, ma insieme con lui li farai rialzare” (Libro del Deuteronomio, capitolo 22, versetto 4).
(Photo credits: Flickr State of Israel)
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